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Un Rapporto pubblicato dalla Direzione generale per la Società dell'Informazione e Media della Commissione Ue lancia l'allarme: la sopravvivenza del patrimonio cinematografico europeo è a rischio: si stima che l'80% dei film muti sono andati già persi e anche quelli realizzati nell'era digitale non sono al riparo.
Sebbene le tecnologie offrano nuovi strumenti per realizzare e presentare film, si mettono in discussione i mezzi tradizionali per la raccolta e conservazione delle opere. Il progresso è continuo e costante e ciò che oggi ci appare come rivoluzionario potrebbe rivelarsi come ormai superato nel 2020 come lo sono già i VHS o i videoregistratori. La soluzione? Per assicurare la conservazione di questo patrimonio le istituzioni devono rimanere in linea con le nuove tecnologie. Il Rapporto suggerisce quindi alle istituzioni competenti di rivedere l'approccio per la salvaguardia e l'accesso a questo patrimonio. Il modello tradizionale, che consiste nel conservare i supporti fragili in scatole sigillate conservate in appositi locali, non può garantire la preservazione o l'accessibilità. La Ricerca indica che l'avvento del digitale deve avviare nuove vie di accesso in modo che gli autori e il pubblico possano continuare a godere della cultura cinematografica europea. La Digital Agenda nell'ambito della azioni volte a incoraggiare la diversità culturale e la presenza di contenuti creativi su internet, chiama le istituzioni del settore cinematografico a proseguire gli sforzi per aumentare il numero di film e altri documenti accessibili attraverso Europeana, la biblioteca digitale della Ue. Le tecnologie digitali modificano radicalmente le modalità di conservazione a lungo termine del patrimonio. Influenzano il modo di distribuire il patrimonio cinematografico sia online che attraverso la proiezione digitale. Una delle difficoltà da superare per poter sfruttare appieno il potenziale delle nuove tecnologie sta tuttavia nell'assenza di meccanismi giuridici che consentono il corretto uso di film e altri documenti per fini culturali e pedagogici. Le spese amministrative e i tempi necessari per ottenere i dritti di trasmissione spesso impediscono le istituzioni di assicurare questo tipo di accesso ai loro preziosi archivi. Il Rapporto mette in luce le best practices dei Paesi Ue per far fronte alle sfide che pone il patrimonio cinematografico analogico e digitale. Alcuni meccanismi di finanziamento nazionale e regionale, per esempio, sostengono la produzione compresa una clausola che impone ai produttori beneficiari di accordare i diritti d'uso per fini non commerciali nella Ue da accordare all'organismo di finanziamento o a un'istituzione pubblica che si occupa del patrimonio cinematografico.
A riguardo si può far riferimento a Spagna e Danimarca: l'istituto cinematografico danese ha il diritto di proiettare film sovvenzionati nelle proprie sale e mettere online documentari e cortometraggi sovvenzionati, mentre la Spagna può organizzare proiezioni per fini culturali di film sovvenzionati due anni dopo la loro messa in distribuzione. I risultati presentati in questo Rapporto non sono che una prima stima delle sfide digitali che coinvolgono il cinema europeo e il suo patrimonio. La Commissione ha avviato uno Studio indipendente che analizzerà la questione in modo più dettagliato. Dopo aver esaminato i risultati, la Commissione si pronuncerà sull'opportunità di una revisione della Raccomandazione sul patrimonio cinematografico.

Di Raffaella Natale

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