Il Consiglio dell'Agcom ha approvato il nuovo regolamento che normerà il canone per la concessione delle frequenze televisive. I criteri generali erano stati fissati dall'Authorityil 6 agosto, e da allora la delibera era stata tenuta in stand by in attesa di un possibile provvedimento legislativo ventilato dal sottosegretario alle Comunicazioni AntonelloGiacomelli entro la fine di settembre e che però non ha visto la luce.
Nello schema approvato oggi, rispetto alla versione del sei agosto, sarebbe prevista, a quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni (il comunicato stampa sulla conclusione del Consiglio non è ancora stato emesso), la possibilità che il Mise modifichi la progressività dei pagamenti previsti da Agcom (a regime dopo 4 anni per Rai e Mediaset, 8 anni per le Tv locali) in caso si verifichi il rischio di minori incassi per lo Stato rispetto al sistema attuale. Dubbi sollevati anche in sede parlamentare, ad esempio dal presidente della Commissione trasporti e Tlc alla Camera Michele Meta .che sulla questione ha chiesto l'audizione dell'Agcom.
Il nuovo regolamento cui ha lavorato Agcom nasce dopo la legge che nel febbraio 2012 ha imposto un totale cambio di rotta nel sistema di pagamento del canone dovuto dalle aziende Tv allo Stato: il baricentro si sposta dal fatturato (le società Tv "analogiche" pagavano l'1% del fatturato allo Stato) al valore delle frequenze possedute. Quindi dalle imprese editoriali a quelle tecnologiche (gli operatori di rete) che detengono i diritti d'uso delle frequenze.
I criteri delle nuove regole, aveva spiegato il 6 agosto un comunicato Agcom , "sono stati individuati a conclusione di un lungo e accurato lavoro istruttorio, sulla base di una proposta del relatoreFrancesco Posteraro, che ha tra l'altro tenuto nel massimo conto - in applicazione del dovere di leale cooperazione di cui all'articolo 4(3) del Trattato sull'Unione Europea - le osservazioni formulate nei giorni scorsi dalla Commissione europea. L'Autorità ha così dato applicazione al vigente quadro normativo, frutto del combinato disposto dell'articolo 3-quinquies, comma 4, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44) e dall'art. 35 del Codice delle comunicazioni elettroniche. Norme in virtù delle quali il contributo grava oggi sugli operatori di rete, e non più sulle emittenti, come avveniva nel passato".Antonello Salerno - Corriere delle comunicazioni
©RIPRODUZIONE RISERVATA 30 Settembre 2014

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