Da key4biz

Il rapporto Lamy, che rimodula il passaggio delle frequenze a 700 Mhz dai broadcaster alla banda larga mobile nella Ue, è ossigeno per il nostro paese. Resta aperto il nodo delle interferenze a livello internazionale.

MEDIA - Il rapporto Lamy che propone una nuova policy europea sulle frequenze, in particolare su quelle a 700 Mhz, è una boccata d'ossigeno per l'Italia. Il documento consegnato la settimana scorsa da Pascal Lamy, ex Direttore Generale del WTO, alla Commissione di Bruxelles prevede per i paesi europei la possibilità di rimandare al 2020 l'obbligo di passaggio dei 700 Mhz alla banda larga mobile e volendo di sforare fino al 2022. E' per questo che i broadcaster di casa nostra che oggi occupano i 700 Mhz (fra cui Mediaset), hanno accolto positivamente il rapporto Lamy: il nostro paese ottiene più tempo per scrivere e coordinare a livello internazionale un nuovo piano frequenze, che tenga conto tra le altre cose nel suo complesso del nodo interferenze con i paesi vicini. Le conclusioni a cui è giunto Lamy sono frutto di sei mesi di lavoro dell'High Level Group composto dai vertici di operatori tv e tlc e relative associazioni. Tra loro, il Consigliere d'Amministrazione di Mediaset Gina Nieri.

Passaggio soft del 700 Mhz alle telco
Un passaggio più soft dei 700 Mhz alla banda larga mobile va bene anche agli operatori mobili di casa nostra, che al momento non hanno fretta di impegnarsi in aste onerose per accaparrarsi le nuove risorse frequenziali.
Il rapporto Lamy sarà recepito dalla Commissione Ue come anticipato dal commissario uscente all'Agenda Digitale Neelie Kroes in vista della Conferenza mondiale delle Comunicazioni di Ginevra del 2015 e non può rivedere la decisione sull'uso co-primario (condiviso) dei 700 Mhz (canali 49-60) fra tv e telco a partire dal novembre 2015. Una decisione presa a livello internazionale dall'Itu alla Conferenza mondiale delle Radiocomunicazioni di Ginevra nel 2012 (Wrc). Una decisione, quella sull'uso co-primario del 700 Mhz, fortemente voluto a suo tempo da tutti i paesi della cosiddetta Area 1, che comprende fra gli altri Russi, Iran e Nord Africa. Una posizione alla quale anche l'Italia dovrà adeguarsi, garantendo l'eventuale protezione del segnale mobile su richiesta dei paesi limitrofi.
Uso co-primario dei 700 Mhz non prima del 2016
Ma in che modo la decisione dell'Itu sulla co-primarietà potrebbe impattare sull'Italia? E' possibile, che dal 2016 (dopo la prossima Conferenza mondiale delle radiocomunicazioni che si terrà a Ginevra nel novembre 2015) la Tunisia o l'Algeria, in linea con la strategia di tutti gli altri paesi nordafricani, decida di destinare i 700 Mhz alla banda larga mobile. In questo caso, i nostri vicini nordafricani potrebbe chiedere ai broadcaster italiani - fra cui Mediaset, che trasmette in Sicilia su alcuni canali dei 700 Mhz - di abbassare la potenza di trasmissione del segnale televisivo, per non interferire con il segnale della banda larga acceso su questa stessa banda da Tunisi. Ad ogni modo, l'adozione dei 700 Mhz per il mobile dovrà essere concordata fra stati con accordi bilaterali. Secondo gli esperti, il 2016 sarà un anno di transizione. Ad ogi modo, la co-primarietà prevede pari dignità di utilizzo fra diverse tecnologie (digitale terrestre e wireless mobile) utilizzate sulle stesse bande. In soldoni, il segnale del digitale terrestre non deve disturbare quello del mobile.
E' per questo che in Italia il tema del coordinamento internazionale nel prossimo futuro sarà centrale. Ed è anche alla luce del rapporto Lamy che sono in corso modifiche al Piano nazionale di ripartizione delle frequenze, con indennizzi per le emittenti che si dovranno spostare dai 700 Mhz. C'è da dire infine che l'Unione Europea si presenterà alla Conferenza di Ginevra del 2015 con una posizione unitaria, che tenga conto delle istanze dei boadcaster e del digitale terrestre, che in Italia rappresenta l'80% della programmazione televisiva.

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