Da www.corrierecomunicazioni.it

Annunciato da mesi, l'ultimo acuto di Neelie Kroes per rivitalizzare la diffusione della banda larga e ultralarga in Europa impatta frontalmente l'annosa problematica dei costi. Quelli d'ingegneria civile in particolare, che rigurgitano l'80% degli investimenti profusi nell'espansione e nella costruzione delle infrastrutture digitali, ma fin troppo spesso sono gonfiati oltremisura da barriere burocratiche, sprechi e duplicazioni di varia natura. Di qui il pacchetto di misure presentato in mattinata a Bruxelles dal Commissario per l'Agenda Digitale: con l'obiettivo esplicito di alleggerire il fardello delle spese affrontate dagli operatori somministrando un dosaggio equino di semplificazione. Perché, recita la condivisibile diagnosi della Kroes, l'ampliamento della banda larga è tuttora severamente rallentato da un ginepraio di regole e pratiche amministrative differenti, e di frequente contraddittorie, a livello nazionale e perfino locale.

"E in molti posti, ciò danneggia la competitività", è la conclusione. Ben venga dunque "una spallata a tutta quella burocrazia che ci impedisce di godere appieno dei vantaggi della fibra", ha spiegato il vicepresidente della Commissione nel corso della conferenza stampa di stamane. "Giorno per giorno sappiamo che la banda larga è ossigeno per l'economia. Dobbiamo rendere la sua costruzione più facile e meno costosa".

In che modo? Come anticipato dal Corriere delle Comunicazioni, la proposta si articola in quattro macroazioni in parte ispirate ad una serie di buone pratiche sperimentate con successo in Germania, Spagna, Francia, Italia e altri stati membri - anche se come ammesso oggi dalla Kroes rispondendo ad una domanda in termini generali "l'Italia non è tra i migliori della classe". Secondo le stime di Bruxelles il piano dovrebbe fruttare alle imprese un risparmio di 60 miliardi di euro all'anno. Il che in termini relativi equivale al 30% delle spese d'ingegneria civile.

La Commissione dispone anzitutto che tutti gli edifici di nuova costruzione, e quelli che subiscono lavori di ristrutturazione di una certa entità, rispettino specifici vincoli tecnici intesi a facilitare l'installazione della fibra.

Il secondo punto del piano mira ad agevolare l'apertura, ovvero un maggior grado di condivisione, di tutte le reti fisiche esistenti attraverso regole d'accesso "più eque e ragionevoli". In parole povere, i fornitori di servizi di comunicazione elettronici potranno raccordarsi con più facilità ad altre infrastrutture quali acquedotti, ferrovie, reti energetiche e via dicendo. Secondo la Commissione, le regole vigenti in alcuni paesi membri sono così contorte o ostiche da scoraggiare attivamente questo genere di opzione. L'idea è pertanto quella di evitare costose duplicazioni, e anche discriminazioni, che talvolta vanno anche a scapito del consumatore (Neelie Kroes offre spesso l'esempio dei lavori di scavo e del loro impatto sulla viabilità). Nella stessa ottica il terzo tassello del regolamento si prefigge di incentivare il coordinamento dei lavori d'ingegneria civile, favorendo accordi commerciali tra operatori di rete e proprietari delle infrastrutture. Tutto ciò, beninteso, percorre il sentiero di un'energica opera d'armonizzazione.

Armonizzazione che del resto è anche al cuore dell'ultima azione chiave del pacchetto. Con quest'ultima la Commissione vuole mettere ordine nelle caotiche e parcellizzate procedure di assegnazione dei permessi: le richieste per ottenere le licenze inoltrate dagli operatori devono ottenere una risposta entro sei mesi e dovranno transitare per un unico sportello. Proprio quest'ultimo filone di misure, come ha dichiarato stamane la Kroes, incarna in maniera plastica la volontà della Commissione di spingere sulla realizzazione di un mercato unico del digitale, obiettivo ormai all'ordine del giorno dopo essere stato esplicitamente sollecitato nell'ultimo Consiglio Ue.

Sulla carta i principi che informano l'ennesimo slancio di Bruxelles per dare nuova linfa alla dinamica degli investimenti nel broadband appaiono scevri di ombre. Lo testimoniano con chiarezza i commenti positivi alla proposta giunti all'unanimità dall'universo delle telco: tra gli altri, Etno, per bocca del suo chairman Luigi Gambardella, ritiene che la proposta "contribuirà a promuovere la domanda di servizi elettronici da alta velocità", mentre Vodafone plaude a misure "pragmatiche e necessarie", che anche Ecta definisce "molto gradite".

In pratica, però, non è affatto scontato che il piano passi indenne dalle forche caudine degli stati membri. E' vero che l'impulso a legiferare sulla questione dei costi è partito proprio da loro, con le conclusioni del Consiglio di marzo 2012 che conferirono alla Commissione un esplicito mandato a procedere. Tuttavia, secondo quanto appreso dal Corriere delle Comunicazione, diversi paesi Ue non avrebbero gradito la veste giuridica scelta per il pacchetto, quella cioè di un regolamento che si applicherebbe direttamente a livello nazionale, e non necessiterebbe quindi di alcun atto di recepimento (ossia della possibilità per i governi di "adattarne" le disposizioni al contesto nazionale). Nello specifico, è l'introduzione di una disciplina unica per i permessi a suscitare le maggiori resistenze, in quanto obbligherebbe molte amministrazioni nazionali a riscrivere ex novo il quadro di regole all'interno del quale operano, anche a rischio di accantonare soluzioni legislative innovative ed efficienti.

Alcuni paesi, addirittura, si sarebbero spinti sino a chiedere sostanziali modifiche a monte della ufficializzazione del piano. Troppo per la stessa Kroes, che avrebbe deciso prenderli in contropiede anticipando i tempi di presentazione della normativa (che era altrimenti prevista per fine aprile). L'iter di approvazione si preannuncia quindi battagliato e se non altro potrebbe ritardare l'entrata in vigore del regolamento.

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