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«Anche in Senato riproporremo l'atteggiamento bipartisan che alla Camera ha portato all'elaborazione di un testo unico sull'Agenda digitale». Antonio Palmieri, deputato Pdl e responsabile Innovazione, spiega come si muoverà il suo gruppo parlamentare nella procedura di conversione del decreto e, soprattutto, quale sarà il contenuto delle proposte emendative.
Lei aveva auspicato che il decreto passasse alla Camera per la conversione. Deluso dalla scelta di sottoporlo al Senato?
Più che deluso, dispiaciuto. In commissione Trasporti e Tlc i gruppi parlamentari avevano fatto un ottimo lavoro di collaborazione che poteva fare da base alle proposte emendative. Ma non ci scoraggiamo, siamo pronti a collaborare con i colleghi senatori.
Si è fatto un'idea sul perché il decreto sia stato inviato al Senato?
Credo che sia collegato al fatto che il provvedimento non riguardasse solo l'Agenda digitale ma "ulteriori provvedimenti" per la crescita del Paese, praticamente la parte seconda del decreto Sviluppo varato a giugno. In quel caso la procedura di conversione avvenne alla Camera, immagino che stavolta si sia scelto il Senato per motivi di fair play istituzionale.
Qualcuno dice che questa scelta nasconda la volontà politica di affossare l'Agenda.
Non lo credo. C'è unità di intenti tra governo e parlamento sul tema dell'innovazione digitale. Ora si tratta di capire come muoversi per trasferire il risultato del lavoro fatto a Montecitorio a Palazzo Madama. Il Pdl ha giù avviato proficui contatti con la relatrice del provvedimento, la senatrice Simona Vicari.
Pdl, Pd, eUdc presenteranno emendamenti condivisi?
Diciamo che la tendenza è quella di collaborare su un tema di levatura nazionale come quello dell'Agenda digitale. Con Paolo Gentiloni e Roberto Rao stiamo continuando a lavorare insieme. Ovviamente nulla vieta ai singoli gruppi di presentare emendamenti in maniera autonoma.
Entrando nel dettaglio del decreto, quali aspetti reputa si possano migliorare?
Rilevo delle mancanze nel capitolo start up. Credo che la definizione sia troppo rigida e che questo tagli fuori buona parte delle imprese innovative. Bisogna fare in modo di allargare la platea delle start up per fare massa critica e mettere a sistema un comparto che molto ha da offrire all'economia del Paese. C'è poi il nodo e-commerce...
Il grande assente del decreto.
È stato un errore eliminare l'e-commerce. Si tratta di un settore ad alta valenza anti-ciclica in grado di aumentare la competitività delle piccole e medie imprese italiane, architrave dell'impalcatura produttiva italiana. Puntiamo ad elaborare proposte di reintegro del commercio elettronico.
Un capitolo del decreto è dedicato all'alfabetizzazione digitale, un tema a lei particolarmente caro. È soddisfatto delle norme?
È stato importante fare dell'alfabetizzazione digitale una leva dell'Agenda, ma si può e si deve fare di più. Mi riferisco, in particolar modo, al ruolo che la Rai può svolgere. L'articolo 30 del testo bipartisan approvato alla Camera stabiliva che in ogni nuovo contratto di servizio con la Rai, il Ministero dello sviluppo economico prevedesse anche un piano di alfabetizzazione informatica, utilizzando la televisione generalista, un canale digitale tematico in chiaro e un portale internet dedicato. Lavoreremo affinché questo vincolo sia inserito nelle legge.
Lei ha spinto molto per il tax credit nel settore dei videogiochi. Come si muoverà?
Il mio obiettivo è quello di reintrodurre il credito di imposta in un settore in grande espansione che non può essere tagliato fuori dall'Agenda digitale.

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