da www.repubblica.it

Rassegnamoci: la fibra ottica a 100 Megabit o a 1 Gigabit, per una internet di nuova generazione, la vedremo solo nelle grandi città, nei prossimi anni. Telecom Italia non ha nessuna intenzione di accelerare i propri piani, infatti, tutt'altro che avveniristici. L'ha spiegato il presidente Franco Bernabè durante la conference call sui risultati semestrali. Un intervento che è servito a rassicurare gli investitori, gli analisti finanziari, la Borsa insomma (che nelle ultime settimane ha messo parecchio sotto pressione il titolo). Sarà pure una buona notizia per loro- perché la cautela sugli investimenti in fibra significa più stabilità finanziaria, dividendi interessanti, riduzione del debito- ma è cattiva per crede nell'importanza innovativa della rete in fibra. Nel suo ruolo rivoluzionario per rilanciare l'economia italiana e portare servizi mai visti prima. Una nuova rete in fibra aumenterebbe il pil del 3 per cento annuo fino al 2030, secondo l'osservatorio "I costi del non fare" (presieduto da Andrea Gilardoni, della Bocconi).
Ma Bernabè dice "non accelereremo sulla fibra", tanto le indicazioni dell'Unione Europea "sono solo programmatiche". Sono indicazioni secondo cui un Paese che vuole restare moderno e competitivo dovrebbe dare i 30 Megabit al 100 per cento della popolazione e i 100 Megabit al 50 per cento entro il 2020.
Resta quindi il piano Telecom di portare la fibra in 99 città entro il 2014 (7 milioni di famiglie), che diventeranno 250 nel 2018 (un'impresa stimata in circa due miliardi di euro). Nella prima fase però la nuova rete Telecom sarà fibra solo in parte: fino all'armadio in strada; l'ultimo tratto resterà in rame e quindi le prestazioni finali saranno con tutta probabilità al massimo 50 Megabit. Telecom potrebbe portarli a 100 con tecniche che spremono a fondo il rame (vectoring, bonding), ma non è detto che Agcom- l'Autorità garante delle comunicazioni che si è insediata nei giorni scorsi- glielo lascerà farà. Quelle tecniche infatti ad oggi impediscono ai concorrenti di usare la rete Telecom per offrire servizi agli utenti (e quindi violerebbero gli obblighi normativi in capo all'ex monopolista).
Oltre i 50 Megabit non c'è certezza, quindi. Bernabè dice di voler avanzare seguendo la domanda dei clienti (e quindi non puntare subito con una copertura a tappeto e sulla fibra nelle case a 100 Megabit e oltre). "Ma la domanda di banda larghissima adesso non c'è. La domanda va creata, in queste cose", dice Francesco Sacco, direttore di Enter-Università Bocconi di Milano. Alle stesse conclusioni sono giunti i recenti studi del Cefriel (il Centro di ricerca e formazione nei settori Ict; una società consortile che ha tra i soci il Politecnico di Milano, l'Università degli Studi di Milano, l'Università degli Studi di Milano-Bicocca, l'Università degli Studi dell'Insubria, la Regione Lombardia e 15 aziende multinazionali operanti nel settore ICT e dell'editoria multimediale).
Del resto, basta guardare al passato della tecnologia: prima sono venute le Adsl e poi YouTube e la voglia di banda larga. Prima è venuto l'iPhone e poi le applicazioni (700 mila ormai quelle disponibili sull'App Store) e il piacere di navigare su internet dal cellulare.
Secondo i concorrenti (rappresentati dall'associazione europea Ecta), Telecom investirà con lentezza nella fibra perché ha poco interesse a farlo visto che il prezzo del suo rame all'ingrosso è cresciuto e che, per volere della Commissione europea, resterà alto nei prossimi anni. La Commissione ritiene in questo modo di dare più risorse agli ex monopolisti europei, con le quali questi potrebbero investire nelle reti di nuova generazione. Non è un'equazione garantita, ma la Commissione ha scelto di puntare sul cavallo più favorito per favorire le nuove reti. D'altro canto, se il prezzo del rame scendesse gli operatori dominanti avrebbero meno capacità di investire e quindi non le farebbero affatto. Almeno, con un prezzo più alto, ne hanno la possibilità e dopotutto è anche loro interesse rinnovare la rete (non solo per abilitare nuovi servizi ma anche per ridurne i costi di gestione e manutenzione). Fatto sta che il risultato dell'equazione adesso in Italia è il piano di Telecom "ed è solo una quesitone finanziaria: tenere sotto controllo il debito", spiega Sacco.
"I recenti problemi di Telecom in Brasile le daranno anche meno possibilità di investire nelle nuove reti italiane", continua. Il regolatore brasiliano Anatel ha dichiarato inadeguata la qualità delle reti mobili di Tim Brasil e l'ha costretta a investirci di più. Tim Brasil, America Movil e Oi, pressati da Anatel, si sono impegnati a investire l'equivalente di 9,8 miliardi di euro in totale nei prossimi due anni.
E si tenga conto che il piano di Telecom è il più esteso, per la fibra ottica in Italia. C'è anche quello di F2i-Metroweb, ma è limitato a 30 città (più Milano, già coperta 1), dove porterà però fibra a tutti gli effetti: fino a dentro le case. Il fondo F2i di Vito Gamberale va avanti spedito: venerdì ha acquisito per 16,2 milioni di euro la rete genovese in fibra di Iren/Sasternet e punta ad accordi analoghi in altre città, a cominciare da Brescia, Torino, Bologna.
Così la prospettiva nei prossimi anni è la seguente: pochi fortunati a 100 Megabit (pari al 20 per cento della popolazione, se la copertura di quelle città sarà completa con F2i). Meno di un terzo delle famiglie italiane (che sono 24 milioni, secondo l'Istat) potranno andare a 50 Megabit. La maggioranza dovrà accontentarsi dell'Adsl e della banda larga mobile di quarta generazione (Lte), le cui prestazioni reali però rischiano di essere, per i primi anni, simili a quelle di un'Adsl di buona qualità.

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