Da www.ilsole24ore.com

Il cloud computing varrà 443 milioni di euro nel 2012 ed è una stima che deluderà molti: ancora troppo poco per avere un peso effettivo sulla nostra marcia verso il digitale. Tuttavia, la speranza resta viva, perché i benefici del cloud sono confermati.
È il bilancio del primo osservatorio sul cloud redatto da School of management-Politecnico di Milano e verrà presentato il 28 giugno.
Ha coinvolto oltre 130 grandi imprese italiane e 660 pmi. «Abbiamo chiesto alle aziende, invece dei fornitori, se utilizzano il cloud e quanto intendano spenderci nel 2012. Così siamo arrivati a quella cifra, che appare inferiore a quelle che circolavano finora, comunicate perlopiù dai fornitori di questa tecnologia», dice Mariano Corso, uno degli autori dello studio.
«Ma abbiamo escluso dal computo alcune cose che invece in altri casi sono state comprese nella stima del mercato cloud. L'hosting, per esempio. Ci sono inoltre aziende che comprano cloud per poi rivenderlo; in questo caso non abbiamo certo calcolato due volte la spesa», continua.
Il problema principale è che il nostro cloud vale solo il 2,5 per cento del mercato IT italiano. Un valore in linea con il resto d'Europa e anche la crescita lo è (+25 per cento annuo); peccato che l'IT italiano sia in calo (4,1 per cento nel 2011 sul 2010), a differenza di quasi tutti gli altri Paesi europei a economia comparabile alla nostra.
Insomma, da noi ci sarebbe particolare bisogno di un cloud-coniglio dal cappello in grado di rilanciare il digitale nella società e tra le aziende. Un cloud con funzione di Agenda digitale, come vorrebbe il governo, del resto. Ma ancora non è così.
Di fondo, il punto è che il cloud non è ancora penetrato a fondo tra le pmi italiane, cioè nel nostro tessuto industriale. Il 95 per cento della spesa cloud italiana è fatta da grandi aziende (oltre 250 addetti), tra cui a usare questi servizi è il 67 per cento. Quota che precipita al 22 per cento tra le pmi (il 10 per cento delle quali dichiara di non sapere nemmeno che significhi la parola cloud; il Politecnico ha interpellato sempre i responsabili IT).
In particolare, il 54 per cento della spesa italiana è sul private cloud (le risorse in rete sono dedicate all'azienda che le utilizza). Il public cloud (risorse condivise) vale invece 203 milioni di euro.
La ricerca, interrogando le aziende, ha confermato i vantaggi tipici del cloud.
Il principale è la scalabilità del servizio (secondo il 57 per cento del campione): poter allocare risorse potenzialmente infinite e sfruttare i benefici economici del fattore scala, senza dover spendere in acquisto e manutenzione delle infrastrutture IT. Al secondo posto, la riduzione di complessità gestionale dei Data Center e dei sistemi applicativi (55 per cento); a seguire, la riduzione degli investimenti richiesti a parità di soluzioni implementate (53 per cento) la maggiore flessibilità e tempestività nel far fronte alle richieste delle Line of Business (41 per cento). Per le aziende di grandi dimensioni le criticità principali sono invece la difficoltà di integrare il cloud con l'infrastruttura già presente (40 per cento) e l'immaturità dell'offerta e dei servizi (35 per cento), seguite dai problemi legati alla compliance normativa (31%), dalla difficoltà nel quantificare costi e benefici (31%).
Difficile quantificare i vantaggi economici in termini di maggiore produttività, per via della crescita della business agility. Le aziende riferiscono però risparmi del 10-20 per cento sul total cost of ownership (possesso delle infrastrutture). Il cloud potrebbe comportare un risparmio cumulato entro il 2015 di circa 450 Mln di euro, che potrebbe diventare un miliardo se l'Italia raggiungesse Paesi leader come gli Usa nelle percentuali di adozione rispetto alla spesa IT. "Si tratta di vantaggi troppo rilevanti per essere trascurati, risorse che potrebbero essere utilmente rimesse in circolo per l'innovazione", si legge nel rapporto. Ed è questa la speranza, ancora viva, che viene dal cloud per l'Italia.









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