Da www.ilmessaggero.it

Il ritardo nello sviluppo della banda larga costa all'Italia tra l'1 e l'1,5% del pil. È il dato che fornisce Corrado Calabrò, nel bilancio sui suoi 7 anni alla guida dell'Autorità per le garanzie nelle comuniczaioni (Agcom), evidenziando che «senza infrastrutture a banda ultra larga i sistemi economici avanzati finiscono su binari morti».
Diffusione banda larga inferiore a media Ue. L'Italia, ricorda, «è sotto la media Ue per diffusione della banda larga fissa, per numero di famiglie connesse a internet e a internet veloce, per gli acquisti e per il commercio on line (nell'UK anche le case si vendono e si acquistano in rete)». Per le esportazioni mediante l'Ict, l'Italia «è fanalino di coda in Europa; solo il 4% delle pmi ovvero la spina dorsale del nostro tessuto produttivo, vendono online, mentre la media UE-27 è del 12%».
Internet. Secondo Calabrò, il comparto delle telecomunicazioni «mentre è chiamato ad investire sia nel fisso che nel mobile, non riesce ad appropriarsi del valore atteso in corrispondenza degli investimenti nelle nuove reti». Il presidente uscente dell'Agcom ricorda quindi che «non solo la telefonia mobile, la quale ha un incremento esponenziale, ma tutti i servizi del futuro prossimo e di quello ulteriore richiedono una rete a banda larga e ultra larga. L'internet delle cose segnerà un ulteriore salto di qualità nel consumo di byte».
Motore di crescita. Internet, insiste, «è un fenomenale motore di crescita sociale ed economica, ma la rete fissa è satura e quella mobile rischia ricorrenti crisi asmatiche». Infine, altri numeri a certificare il ritardo italiano: l'economia internet in Italia vale solo il 2% del pil; la stessa stima conduce a valutare l'internet economy del Regno Unito nel 7,2% del pil.
La legge sulla par condicio «va aggiornata per tener conto delle mutazioni subite dalla comunicazione televisiva (specie con l'inserimento dei politici nei programmi informativi) ed è da riconsiderare in relazione all'incalzante realtà di Internet», ha poi ribadito Calabrò, riconoscendo comunque che «l'impianto normativo a tutela della par condicio si è dimostrato un indispensabile strumento a tutela della democrazia» e che «l'Autorità ne ha fatto attenta e pronta applicazione», tra l'altro irrogando sanzioni per «oltre 2,2 milioni di euro». Provvedimenti «quasi sempre impugnati», ma nessuno dei quali «è stato annullato dal giudice amministrativo».
La Rai: svincolarla da influenza politica. «Nei limiti della propria competenza, l'Autorità ha tentato di promuovere una riforma della Rai. Si trattava di proposte misurate e, in quanto tali, a nostro avviso praticabili, che abbiamo rilanciato anno dopo anno. Ma hanno subito la sorte di tutte le altre», ha poi detto Calabrò, spiegando che l'Agcom ha promosso una riforma «che svincolasse la Rai dalla somatizzata influenza politica e ne reimpostasse l'organizzazione con una governance efficiente, una migliore utilizzazione delle risorse e la valorizzazione del servizio pubblico». «Parafrasando una frase famosa - conclude citando Platone - potremmo dire che "solo i morti hanno visto la fine del dibattito sulla Rai"».
Lo scenario tv: risorse in mano a Mediaset-Rai. Lo scenario tv sta mutando, calano gli ascolti delle reti generaliste, ma sul fronte delle risorse «permane fondamentalmente la tripartizione tra Rai, Mediaset e Sky Italia», che «a partire dal 2009 ha soppiantato il duopolio». È ancora l'analisi del presidente dell'Agcom. A fine 2010, si ricorda nella relazione, Mediaset rappresentava il 30,9% delle risorse complessive, Sky il 29,3%, Rai il 28,5%. Intanto però la situazione tv «è - sia pure lentamente - in trasformazione», sottolinea Calabrò, ricordando che «le sei reti generaliste di Rai e Mediaset detengono oggi circa il 67% dello share medio giornaliero (era l'85% nel 2005, oltre il 73% un anno fa); La7 quasi il 4%; Sky oltre il 5%. Si è affacciata alla ribalta qualche significativa tv locale. I canali tematici in chiaro sono cresciuti in audience del 27% in un anno». E sul fronte dl digitale terrestre «siamo a circa 80 programmi nazionale in chiaro». Il panorama, dice ancora Calabrò, «è destinato a un'ulteriore evoluzione in virtù dell'utilizzazione del dividendo digitale che avverrà con l'asta che sostituirà il beauty contest, la quale ridefinirà lo spettro in coerenza con la redistribuzione delle frequenze e la razionalizzazione del loro uso prefigurate nella Conferenza di Ginevra del febbraio scorso».

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