da www.ilsole24ore.com

Ci vuole ancora tempo per decidere a chi assegnare le frequenze attraverso il beauty contest. Lo ha chiesto la Fondazione Bordoni, l'advisor che assiste il ministero e la commissione dei tre componenti incaricati di stilare la graduatoria degli aventi diritto alle sei frequenze nazionali, divise in tre blocchi, il tutto senza introiti per lo Stato. È un modo per dare un po' di respiro al Governo prima di dover decidere cosa fare della procedura avviata dall'Agcom e dal governo Berlusconi. Decisione tutt'altro che facile.

C'è, intanto, da tener conto della Ue, che ha avviato una procedura d'infrazione contro l'Italia per le leggi che impediscono a chi non ha frequenze analogiche di accedere a quelle digitali. Il 'concorso di bellezza' è la risposta dell'Italia per chiudere tale procedura. La Commissione europea non l'ha ancora fatto, però, in attesa di verificare i risultati della 'gara'.
La probabile assegnazione delle due migliori frequenze a Mediaset e Rai e di una terza a Telecom Italia Media più l'abbandono di Sky: non è detto che portare a termine il beauty contest, andando contro gli ordini del giorno fatti propri dalla Camera, porti automaticamente alla chiusura della procedura. Il suo annullamento, però, rischia di portare alla condanna dell'Italia.

«Lo scopo del beauty contest è permettere ai piccoli di rafforzarsi e ai nuovi soggetti di entrare sul mercato. Non è così facile annullarlo - sostiene Francesco Di Stefano, proprietario di Centro Europa 7. La sua revisione va bene solo bloccando l'assegnazione gratuita a Rai e Mediaset, che hanno già troppe reti, magari per risolvere il problema delle tv locali. A un'asta non parteciperebbe nessuno, tantomeno noi, cui una sentenza della Corte di giustizia europea ha dato ragione.
Bisogna fare i conti con la Ue e con l'Agcom. I soggetti esteri non hanno partecipato a un'assegnazione gratuita, dubito lo faranno a pagamento: perché in Italia c'è il duopolio».

Le ipotesi su 'che fare' non mancano. Per Tommaso Pompei, esperto di Tlc, ex amministratore delegato di Wind e Tiscali «la procedura del beauty contest può essere articolata per ottenere ritorni per la collettività imponendo determinati livelli di investimenti e occupazione. Un'asta avrebbe il doppio effetto negativo di non portare tanti soldi e soprattutto di non contribuire ad aprire il mercato e la concorrenza. I due principali player controllano più dell'80% della pubblicità, la vera benzina del settore».

C'è chi, come Antonio Sassano su La Voce.Info, che vede nell'integrazione verticale tra editore e operatore di rete l'ostacolo principale all'ingresso di soggetti dall'estero e propone di riservare la gara ai soli gestori delle frequenze senza rapporti proprietari con gli editori, per assicurare a questi ultimi parità di condizioni e trasparenza nella cessione della capacità trasmissiva, senza distorsione ella concorrenza. Gli operatori europei non sono molti e sono monopolisti sul proprio mercato.

Il problema delle tv locali è tutt'altro che secondario in questo scenario, perché la legge riserva loro un terzo delle frequenze. Quelle che si sono viste assegnare regolarmente, nel novembre 2010, i canali 61-69 della banda Uhf dovranno abbandonarle in cambio di 174 milioni, perché assegnate all'asta, per quasi tre miliardi, a Telecom, Vodafone e Wind. Dovranno riceverne altre in cambio, partecipando ai bandi nelle aree ancora da digitalizzare, come avvenuto in Liguria, Toscana e Umbria. Nelle regioni digitalizzate sarà un decreto ministeriale a proporre alle emittenti assegnatarie di rinunciare all'uso delle frequenze in cambio di un'indennizzo, per destinarle alle emittenti che dovrebbero abbandonare i canali 61-69.
Altrimenti sarà proposta un'intesa tra più emittenti, magari di province diverse della stessa Regione. per condividere una stessa frequenza (su cui possono essere trasmessi sei canali tv più le radio).

C'è chi sostiene che in molti Paesi europei, come Francia, Spagna e Gran Bretagna, le frequenze televisive sono assegnate senza asta. È vero, anche se in questi Paesi si assegna l'uso, non la proprietà magari da inserire come asset in un bilancio o consentendo di cederle a pagamento dopo cinque anni, come prevede proprio il beauty contest. L'operatore tedesco che ha avuto in uso la frequenza per il Dvb-h, la fallimentare tv per i cellulari, ne prende atto e la restituisce allo Stato.


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