da www.ansa.it
Hanno dagli undici ai ventitre anni e la loro vita si misura sullo schermo di un computer. Sono 'nativi digitali', nati cioè dopo l'avvento del Web, e la ragione per cui passano fino a 16 ore davanti al computer, compromettendo le ore di sonno, arrivando a lasciare la scuola e le amicizie reali è, spesso, un gioco, soprattutto violento o di guerra, sul quale fanno "un investimento emotivo formidabile". Si esaltano, infatti, se ottengono risultati (virtuali), si deprimono se commettono sbagli e "ricevono insulti dagli stessi compagni di gioco che li hanno esaltati". Il quadro di questa generazione di "nativi digitali" per i quali il computer, a volte, può diventare una dipendenza pari a quella delle droghe è stato fatto da Federico Tonioni, ricercatore in psichiatria all'università Cattolica del Sacro Cuore e responsabile dell'ambulatorio per la dipendenza da Internet del Policlinico Universitario Gemelli di Roma, nel corso di un incontro dedicato ai giovani e Internet. "Dal novembre del 2009 abbiamo in cura 300 pazienti, il 20% adulti dipendenti dal gioco d'azzardo e dai siti per adulti e il restante 80%, da ragazzi giovanissimi provenienti da tutta Italia, dagli 11 anni ai 23 dediti ai giochi di ruolo on line o patiti di social network". Alcuni hanno smesso di andare a scuola, altri, racconta Tonioni, in una reazione simile a quella dell'astinenza da droga, anche se gracili "sono arrivati a picchiare i genitori quando sono state messe in discussione le ore di connessione". "I loro unici amici sono i compagni di guerra che li esaltano quando ottengono risultati e li insultano quando sbagliano - sottolinea - . Questo tipo di giochi non sono creativi ma solo sono eccitanti e compulsivi". La terapia per questo tipo di dipendenza è quella di colloqui individuali e sedute riabilitative di gruppo con una psicologa dove si rieduca all'emotività. Il sintomo rivelatore, per questi giovani "nativi digitali" a rischio dipendenza, secondo Tonioni, è legato alle ore di connessione a cui si aggiunge il cruciale fattore di ritiro sociale dei ragazzi che "rinunciano o non trovano alcun entusiasmo nelle attività fuori casa".