Da www.corrierecomunicazioni.it

Le Pmi italiane finalmente cominciano a prendere dimestichezza, sul serio, con Internet. Ma come, non l'avevano già fatto, con i propri siti web? Solo in apparenza, in realtà. La maggior parte dei siti sono vetrine, infatti, come riportano le analisi del Politecnico di Milano. La svolta quindi è che un crescente numero di Pmi sta utilizzando Internet in modo più proficuo e sofisticato, per vendere prodotti in nuovi mercati.
È un fenomeno recente. "La situazione dell'e-commerce italiano è molto cambiata negli ultimi anni. In meglio", dice Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio del commercio elettronico. Secondo una sua stima, le Pmi italiane entro il 2011 venderanno online per 1,5 miliardi di euro, contro i 900 milioni di tre anni fa.
"La crisi sta obbligando le Pmi a esplorare i mercati internazionali, tramite l'e-commerce, visto che sarebbe troppo costoso farlo con gli strumenti di vendita tradizionali", aggiunge. Risultato, spiccano soprattutto le aziende artigiane del made in Italy in questo nuovo amore per l'online: hanno l'occasione per esportare all'estero prodotti apprezzati dal pubblico, soprattutto anglosassone e cinese. La crisi però è solo uno dei fattori in gioco, a sostenere il fenomeno. Senza poter contare sugli strumenti giusti, le Pmi italiane sarebbero rimaste solo con la voglia di combattere la crisi grazie all'e-commerce. Per fortuna, nel contempo si sono affinati gli strumenti che le stanno accompagnando online. Hanno il sapore della piattaforma, declinata in molti modi. "Le piattaforme possono dare alla Pmi i modi e la forza che da sole non avrebbero, per sbarcare fattivamente su Internet", dice Liscia.
Un esempio di piattaforma, da quest'anno, è la Mia Impresa Online (di Google, Poste Italiane, Register, Seat). Già 20mila aziende l'hanno adottata in meno di sei mesi dal lancio; un successo tale che già si è attirata le critiche dei concorrenti: Assoprovider l'ha denunciata all'Antitrust accusandola di squilibrare il mercato. È un set di strumenti che consentono alla piccola-media azienda di andare, vendere e promuoversi online, in modo facile ed economico. L'arrivo della Mia Impresa Online è sintomatico. Dimostra che, secondo quei big del settore, i tempi sono ormai maturi per traghettare le Pmi italiane sul web.
Ma c'è spazio per tutte le piattaforme, in questo momento: sta crescendo l'adozione anche della piattaforma web più comune per vendere online: eBay. Sono circa 40mila i venditori professionisti italiani su eBay (tipicamente, piccolissime aziende), contro i 12mila di tre anni fa. Del fenomeno si è accorta anche Amazon, che ha portato quest'anno anche in Italia la propria piattaforma (un marketplace, per la precisione). "È una possibilità da non sottovalutare: le aziende possono ora vendere in quattro Paesi, tramite il canale Amazon, senza doversi preoccupare di mettere su un sito", dice Liscia. Ci sono poi declinazioni più particolari, ad hoc, dell'idea di piattaforma. Sempre sotto il concetto di "l'unione fa la forza". Da settembre Anci, Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani, ha aperto il sito www.iloveitalianshoes.eu, da cui acquistare le calzature made-in-Italy.
Qui si concentrano gli strumenti e la logistica con cui i vari marchi associati all'Anci possono vendere i propri prodotti. Il Consorzio alimentare per la Valtellina ha aderito di recente alla piattaforma Btx, per vendere all'estero. Profumeria.it è una nuova piattaforma invece per i venditori di profumi. Da ottobre, un accordo tra Netcomm e Chinowa (l'analogo cinese di Cartasì) semplificherà la vita alle aziende italiane che vogliono vendere in Cina. Vantaggi: il marchio Chinowa è una garanzia per i clienti locali e permette ai prodotti di ottenere un bollino di compliance, necessario per vendere in quel mercato (senza, la merce viene bloccata alla dogana). Gestisce inoltre la logistica a partire dal magazzino cinese. Precursore del fenomeno è invece Yoox, piattaforma ormai celebre del made in Italy.
Completano il quadro degli strumenti i nuovi "software as a service" come freshcreator e Blomming, di due omonime start up italiane. Consentono di creare in modo semplificato ed economico (anche gratis) un sito e-commerce. L'utente può farlo in piena autonomia e passo-passo. Come nella Mia Impresa Online, c'è l'idea che le aziende debbano essere guidate e al tempo stesso educate al mercato online, affinché pian piano diventino autonome.
Ultimo fattore, cominciano a circolare esempi che confermano l'utilità dell'e-commerce. Secondo Eurisko, le aziende attive online hanno aumentato i ricavi dell'1,2%, nel 2010, contro il -4,5% registrato da quelle non in rete. Gli esempi più eclatanti li danno al momento le aziende medio-grandi, che mostrano quindi la strada alle piccole. Olio Carli ricava online il 12% del fatturato (100 milioni di euro nel 2010). L'estero è responsabile del 10% del venduto. Il web serve anche a creare nuovi prodotti da vendere: i cosmetici, ai clienti che avevano già apprezzato il prodotto tradizionale. Terranova (gruppo Teddy, 565 dipendenti, 341 milioni di euro) vende online in Italia, Germania, Regno Unito, Repubblica Ceca, Francia e Spagna (presto in altri 20), con campagne di marketing specifiche per ogni Paese.
L'azienda prevede che nel 2011 il 2-3% del fatturato annuale proverrà dall'online, nei mercati in cui non sono presenti punti vendita fisici. In quelli in cui ci sono, il sito ha contribuito ad aumentarne l'affluenza. Già: l'e-commerce serve ad alcune aziende non solo a espandere i canali di vendita ma anche a sostenere il business tradizionale e migliorare il rapporto con i clienti. Vantaggi addizionali che probabilmente si affermeranno solo nel tempo: il grosso delle aziende ha appena cominciato ad annusare l'e-commerce, quindi è già un passo avanti che si moltiplichino semplici siti e-commerce. Ma ormai ci hanno preso gusto e non si fermeranno più su questa strada

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