Da: www.next-tv.it

Logicamente offuscata dalle notizie sullo stato di salute di Steve Jobs e gli scossoni al vertice di Cupertino, dal fronte Apple è trapelata in questi giorni una novità inattesa: i noleggi di singoli episodi TV spariscono da iTunes. Naturalmente i "download a tempo limitato" restano operativi per il catalogo cinematografico, segmento dove è peraltro esplosa negli ultimi mesi la concorrenza dell'alternativa streaming a pagamento su YouTube e Facebook.
L'addio di Apple ai TV rentals è stato motivato con la mancanza di interesse da parte dei consumatori. Leggi: introiti troppo scarsi per giustificare le risorse impiegate a tenere in vita l'offerta (si pensi solo alla mole di contratti con gli studios e alla relativa contabilità da gestire).

In realtà, a incidere pesantemente sulle prospettive di Apple nella distribuzione di serie TV è la crescita dei pacchetti di streaming all inclusive su sottoscrizione mensile o annuale - vedi Netflix e Amazon Prime - che a furia di accumulare licenze ormai mettono a disposizione quasi tutti gli sceneggiati e le sitcom reperibili su iTunes, ma a tariffe flat da appena 8 dollari al mese in su. Quello che manca su Netflix e Amazon, di fatto soltanto gli ultimi capitoli andati in onda, è recuperabile dai siti ufficiali delle emittenti o da Hulu.
Otto dollari per decine di migliaia di puntate contro 1 o 2 dollari per una sola puntata, la sfida era impari.
Proprio Jobs nel 2010 aveva tentato di incoraggiare le major a tagliare i prezzi dei rentals su iTunes da 1,99 a 0,99 dollari a puntata. «Pricing aggressivo e guadagnerete sulla quantità, esplodendo il numero di transazioni», aveva detto al D8, l'ottava conferenza annuale di All Things Digital (gruppo Dow Jones/Wall Street Journal). Ma a parte Disney/ABC, di cui Jobs è azionista e consigliere d'amministrazione, e News Corp./FOX, che all'epoca stava lavorando a stretto contatto con Apple per il lancio del The Daily su iPad, nessun grande broadcaster lo ha seguito.

Nel frattempo le opzioni per chi invece su iTunes preferisce acquistare telefilm si sono estese, grazie al servizio di storage che consente di riscaricare gli episodi già pagati e riguardarli in qualunque momento su qualsiasi device con sistema operativo iOS (iPhone, iPad, Apple TV), su Mac o su pc dotato di iTunes versione 10.3 o successiva. E secondo le dichiarazioni dei dirigenti della Mela, la stragrande maggioranza dell'utenza si è orientata su questa soluzione, marginalizzando nel settore dei download di contenuti TV il ruolo dei noleggi.
Lo stato fluttuante dei download digitali legali è peraltro stato confermato in settimana dal report di IHS Screen Digest Media Research sulle entrate generate nella prima metà del 2011 da acquisti (Electronic Sell-Through, spesso abbreviati come EST) e noleggi (Internet Video On Demand, iVOD) nei cinque principali negozi virtuali di contenuti audiovisivi USA: iTunes, Zune di Microsoft, Sony Play Station Store, la piattaforma Vudu dei grandi magazzini Wal-Mart e Amazon. I dati si riferiscono in questo caso indifferentemente a film e telefilm.

I cinque big, che controllano il 96% del mercato, hanno incassato 229 milioni di dollari durante il semestre di riferimento: 118 dagli EST e 111 dagli iVOD. Sebbene in aumento, si tratta di cifre irrisorie rispetto al business dei supporti fisici (4,47 miliardi i ricavi da dvd nel 2010 e 2,3 miliardi quelli da Blu-Ray) e minime anche se raffrontate a quelle del pay streaming in abbonamento (Netflix genera 830 milioni di revenues l'anno).
La diffidenza del pubblico verso i servizi di download a pagamento emerge in tutta evidenza osservando le statistiche di Apple, leader incontrastato del gruppo di testa. Spendono i loro dollari in EST su iTunes appena 4 milioni di utenti, cui vanno aggiunti 14,5 milioni per gli iVOD; una frazione del totale iscritti americani ad iTunes e un'inezia rispetto al giro d'affari complessivo di Cupertino, 26 e passa miliardi di dollari nel primo trimestre 2011. Lo stesso discorso vale per Microsoft, Sony, Wal-Mart e Amazon, quest'ultimo ormai convertito al pay streaming: i proventi dei download rappresentano trascurabili briciole nei loro colossali conti economici annuali.

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