Da: www.corrierecomunicazioni.it

Gli acquisti IT della Pubblica Amministrazione centrale italiana rappresentano lo 0,1% della spesa pubblica. Sebbene la quota sia di per sé piuttosto modesta, il potenziale ritorno dell'investimento informatico si moltiplica incidendo direttamente sulla produttività del lavoro dei dipendenti pubblici, sull'efficienza della macchina amministrativa e sulla qualità dei servizi erogati.

Qualora questo piccolo capitolo fosse gestito con intelligenza strategica e strumenti adeguati potrebbe quindi stimolare in maniera significativa la filiera dell'innovazione, agendo sia sulla domanda pubblica che sulla offerta privata. Tale considerazione ha mosso molti governi europei a riconsiderare le proprie politiche di procurement, investendo sulla professionalizzazione degli addetti agli acquisti e centralizzando i relativi processi.

I progetti informatici sono beni complessi e ad alto contenuto innovativo. Il tentativo di standardizzare l'acquisto genera nella pratica il fenomeno della cosiddetta selezione avversa, ovvero scaccia dal segmento pubblico del mercato le soluzioni più sofisticate. Al contrario, l'acquisto deve attestarsi su pochi ma importanti capisaldi: giusto equilibrio tra requisiti tecnici ed obiettivi di performance, per lasciare al fornitore la possibilità di portare innovativi elementi di ottimizzazione; unitarietà della commessa nelle sue fasi sequenziali e correlate (analisi, progettazione, realizzazione, manutenzione), per spingere il fornitore ad ottimizzare l'intera catena del valore; saldo connubio tra prezzo fisso e output definiti, perché le uniche chiavi di profitto siano efficienza e innovazione e le estensioni non finiscano per compensare pratiche di dumping.

È chiaro che per comprare IT in questo modo occorrono solide competenze tecniche e gestionali (gare e contratti). Come farlo? Attraverso la parziale centralizzazione degli acquisti informatici in una struttura capace di interagire con l'utenza accompagnandola nella declinazione del bisogno, tradurlo in requisiti tecnicamente corretti, strutturare i requisiti in una domanda intelligente per il mercato, valutare con competenza le risposte e gestire, ancora una volta insieme all'utente, un contratto ben fatto.

Attraverso la concentrazione, l'organizzazione e la crescita delle competenze tecniche e manageriali interne all'Amministrazione si riducono le asimmetrie informative tra domanda e offerta, oggi in alcuni casi decisamente ampie. Al contempo, si abbassano i costi di transazione burocratici e amministrativi in un quadro più chiaro di ruoli e responsabilità, e quindi di maggiore controllo sulla trasparenza dei comportamenti individuali.

Dal punto di vista del policy maker gli acquisti IT centralizzati possono funzionare da cinghia di trasmissione utilizzabile per il raggiungimento di obiettivi più ampi. Tra questi, come detto, la incentivazione di condotte innovative sia da parte delle Amministrazioni che dei fornitori, la standardizzazione delle scelte tecnologiche della Pubblica Amministrazione in una prospettiva meno angusta di quella della cooperazione applicativa, la lotta alle posizioni di monopolio parassitario ed il controllo della spesa fondate sulla effettiva valutazione degli output.
La Pubblica Amministrazione italiana è caratterizzata da una struttura di spesa informatica molto frammentata, con migliaia di stazioni appaltanti legalmente capaci di effettuare acquisti IT ma spesso prive delle necessarie competenze tecniche e amministrative. La polverizzazione dei processi decisionali insieme alla carenza dei necessari strumenti operativi favoriscono così sprechi, illegalità e posizioni dominanti che distorcono la corretta allocazione delle risorse pubbliche. La spesa IT della Pubblica Amministrazione centrale riconducibile ai ministeri vale circa 600 milioni di euro annui. Per tali volumi possiamo ipotizzare una squadra di 400 professionisti dedicati alle attività di pianificazione, gestione gare e contract management.

Dal punto di vista della organizzazione, dei processi e delle competenze non c'è bisogno di inventare nulla: è sufficiente ampliare la struttura di Consip, stazione appaltante del ministero dell'Economia, allineata alle migliori pratiche internazionali sia pubbliche che private. La rinnovata struttura potrebbe andare a regime in 18 mesi, mentre i vantaggi in termini di efficienza, efficacia, controllo, trasparenza e coerenza della spesa si dispiegherebbero progressivamente con il rinnovo dei contratti, che si completa più o meno in cinque anni.

Qualche modifica allo statuto di Consip, un protocollo interministeriale che fissi modalità operative e principi di ripartizione degli oneri gestionali ed un progetto di change management: pochi interventi che in presenza di una volontà politica ed amministrativa chiara diventano semplici passi verso una Pubblica Amministrazione più moderna, efficace e trasparente. Una Pubblica Amministrazione capace anche in Italia di essere motore di innovazione.

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