Da www.repubblica.it

Avete mai pensato che gli argomenti trattati sul vostro blog possono salvarvi dalla disoccupazione? Che ricontattare un vecchio amico dell'università, nel frattempo lanciato nella carriera, può aprirvi un nuovo futuro professionale? Che perfino andare in palestra può servire a darvi sicurezza più delle vostre competenze?
Avviso ai neolaureati, ma anche ai disoccupati di vecchio conio: il tradizionale curriculum non serve più. O almeno non basta. Il nuovo decalogo per chi è a caccia di lavoro arriva - e da dove sennò - dall'Inghilterra. Il solitamente compassato Guardian ha parlato con esperti del settore e ha setacciato la rete scovando motodi creativi per dare una chance a chi cerca un posto. E, con l'arma dell'ironia, suggerisce come vendersi al meglio. Abbinando talento personale e spudoratezza. A chi, poi, del vecchio curriculum proprio non può fare a meno, suggerisce categorico: "Arruffianalo. A partire dalla forma, giocando con i caratteri e con i colori a seconda dell'azienda a cui ti vuoi rivolgere".
"L'importante", è il consiglio che arriva da Londra, "è essere nella rete giusta perché più che la qualità delle nostre competenze conta chi le conosce". Meglio vendersi bene nel proprio ambiente con un blog a tema, dunque. E basta con i chili di troppo accumulati durante le lunghe soste in biblioteca. Meglio presentarsi a un colloquio di lavoro dopo una seduta in palestra.
Davvero, dunque, il vecchio curriculum è passato di moda? E quanto conviene bluffare, fino a che punto si può spingere l'"arruffianamento" dei propri dati? Paolo Citterio, presidente dell'Associazione direttori del personale, frena: "I bluff durano poco - dice - quello che serve è un po' di maestria per evidenziare le proprie caratteristiche in funzione di ciò che sta a cuore alle aziende. Ad esempio, bisogna sapere che i datori di lavoro puntano sempre più sulla rapidità dei candidati. Il voto finale conta poco, l'importante è essersi laureati in tempi debiti. E poi, certo, il futuro è Internet. L'importante è essere sui siti specializzati: da Jobrapido a Job advisor, da Monster a Linkedin".
A dirlo è anche un colosso americano della consulenza di risorse umane, la Kelly Services: 33 candidati su 100, è il verdetto di una ricerca in 30 Paesi, cercano lavoro attraverso i social network. E in Italia? Da noi la percentuale scende al 18%. E d'altra parte solo Linkedin ha, nel nostro Paese, una comunità di 1,7 milioni di iscritti. Anche se siamo ancora indietro rispetto a Germania, Francia e Gran Bretagna.
La rete, poi, può diventare anche un boomerang. "Non far capire su Internet quanto odi la tua ex", è il consiglio che arriva da Londra. "Anche perché magari possono assumere lei". Occhio dunque ai pareri espressi sui social network. I più pericolosi, secondo un focus group su 110 direttori del personale di Gidp, sono i commenti di discriminazione razziale e gli insulti nei confronti dei precedenti datori di lavoro. "E il 20 per cento dei direttori del personale", ammette Citterio, "cerca informazioni sui social network".
Internet a parte, in Italia il principale canale di ricerca di lavoro resta il passaparola. È determinante nel 25 per cento dei casi. E passaparola, per lo più, vuol dire rete di conoscenze personali. "È ancora così, anche se sempre meno" ammette Andrea Cammelli, direttore del consorzio universitario di Almalaurea, che ai giovani laureati consiglia di restare in contatto, di formare un network. E sfata il vecchio luogo comune della flessibilità senza limite. Ai ragazzi dice: "Accettate lavori a tempo e poco qualificati al massimo per un anno e mezzo".
Infine, la passione per l'azienda. Gli inglesi consigliano addirittura di appostarsi davanti al luogo di lavoro, per studiare abitudini e vestiti dei futuri colleghi. È così? "L'aspetto motivazionale è sempre più importante", dice Giovanni Buttitta, direttore delle relazioni esterne della società Terna. "Ma è meglio evitare finzioni grottesche, perché a selezionare i candidati ci sono degli psicologi e se ne accorgono subito. Quanto al look, basta non esagerare ed evitare di presentarsi ai colloqui in pantaloncini".

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