Da: www.corriere.it

NEW YORK - Il Kinnect della Xbox 360 e un normale controler della Wii, per chi vive in un Paese occidentale e industrializzato, sono semplicemente due diversi modi di intendere i videogames da console dell'ultima generazione. Ma quelli che, da un punto di vista strettamente commerciale, sono stati dei simboli della «guerra delle console» che negli ultimi anni ha visto fronteggiarsi i principali colossi dell'entertainment digitale, possono trasformarsi in strumenti «per aiutare il mondo ad essere un posto migliore», per dirla con il ceo di Microsoft, Steve Ballmer.
CHE COS'E' L'IMAGINE CUP - Il primo può diventare allora un dispositivo che consente di rendere più motivanti le lezioni ai bambini di paesi sottosviluppati o nelle scuole da campo allestite in occasione di terremoti o altre catastrofi naturali, oppure essere un valido supporto per la riabilitazione fisioterapica; il secondo, collegato ad un piccolo trasmettitore a raggi infrarossi, può diventare l'interfaccia che consente di utilizzare il mouse anche a persone che non hanno braccia o mani e che per questo, nella società dell'accesso, rischierebbero di finire in un ulteriore isolamento. Sono solo alcuni dei tanti progetti presentati nell'edizione 2011 di Imagine Cup che per una settimana ha visto i migliori studenti di tutto il mondo affrontarsi nella finalissima di una competizione di information technology che su scala globale ha coinvolto 358 mila studenti di 183 diversi Paesi.

VINCE L'IRLANDA - Alla fine, come in tutte le competizioni, c'è un vincitore e nella fattispecie, nella categoria del software design - la principale tra le 9 in cui la manifestazione è ripartita - si è imposto il team irlandese Hermes, composto da studenti dello Sligo Institute of Technology, che hanno presentato un programma per la riduzione della mortalità negli incidenti stradali. Ma al di là della classifica finale, tutti quanti i ragazzi giunti a New York possono considerarsi vincitori. Per aver superato difficili selezioni. E per avere comunque lasciato una traccia tecnologica che potrebbe trasformarsi anche in un nuovo business, come capitato in passato a diversi team in gara nelle scorse edizioni. La proprietà intellettuale resta infatti dei ragazzi che dei propri software possono poi decidere di fare quel che credono. Microsoft, dal canto suo, ha annunciato uno stanziamento di 3 milioni di dollari per i prossimi tre anni per affiancare i giovani nella creazione di nuove start up.

IL TEAM ITALIANO - Non sono riusciti ad accedere alla «top six» i portacolori dell'Italia, ovvero i componenti del team NeaSoft dell'Università Federico II di Napoli, ma il loro progetto Oculorum Moto Computer Regere (Omcr) ha raccolto diversi entusiasti consensi nel corso dello showcase di presentazione, aperto ai media, agli operatori del settore e ai business partner della compagnia di Redmond. L'idea di fornire un accesso al web e, in generale, di consentire l'utilizzo di un pc anche a disabili gravi che non possono utilizzare braccia e mani è stata del resto sviluppata anche da altri team, a dimostrazione di quanto sentito sia il problema e di come la tecnologia possa contribuire ad abbattere barriere. «Non ci perdiamo comunque d'animo - spiegano Clemente Giorio, Raffaele Galiero e Marta Ponari -. Il progetto andrà ulteriormente implementato, con l'inserimento di nuove funzionalità. E al di là della gara, se verrà adottato da ospedali e strutture sanitarie e poi diffuso presso i pazienti per un utilizzo domestico, potrà davvero contribuire a migliorare la vita di molte persone». A livello italiano gli iscritti alla competizione sono stati circa 200 e tra gli atenei che si sono maggiormente distinti oltre alla Federico II, ci sono stati il Politecnico di Milano e l'Università degli Studi di Verona.

UN MONDO SENZA FRONTIERE - C'era grande attesa per l'intervento del presidente americano Barack Obama e della moglie Michelle, di cui era stata ventilata la partecipazione al Koch Theatre del Lincoln Center, cornice della cerimonia di chiusura. Ma le vicende legate alla crisi economica hanno costretto il capo della Casa Bianca a restare a Washington. Michael Bloomberg, sindaco di New York, ha invece salutato con calore i finalisti, facendo un parallelo tra le diverse etnie e religioni presenti in platea e gli abitanti della sua città, composti per oltre il 40% da persone nate al di fuori degli Stati Uniti e ricordando la sua stessa storia, di persona che ha creduto nelle tecnologie digitali arrivando a creare un impero della comunicazione. Il team di casa, il Note Taker dell'Arizona State University, si è piazzato al secondo posto ed è la prima volta che una squadra a stelle e strisce accede al podio. «Non c'è da stupirsi - ha sottolineato John Perera, general manager dell'Education group di Microsoft -. Per chi vive qui o nella maggior parte delle società occidentali la vita offre molte opportunità per emergere e per riuscire nella vita e si tratta solo di saperle cogliere. Per chi vive invece in Paesi in via di sviluppo o in aree disagiate del pianeta, una manifestazione come questa può invece essere l'occasione unica di un vero cambiamento e per questo è pronto a mettersi completamente in gioco».

RISCATTO TECNOLOGICO - Ma non è solo una questione di opportunità individuali: nella gran parte dei team provenienti da paesi africani o asiatici emerge la voglia di un riscatto, il desiderio di contribuire davvero a cambiare l'esistenza delle persone con cui si trovano a che fare nella vita di ogni giorno. E in molti dei progetti presentati emergono storie vere di sofferenza o di malattia, esperienze personali (come quella del team neozelandese che ha elaborato un progetto per la razionalizzazione delle risorse nella lotta alla malaria, malattia che ha colpito la madre di uno dei componenti della squadra). «Non siamo venuti qui con l'idea di fare soldi sfruttando le sofferenze delle persone - sottolinea Zhao Zhongsheng, giovane studentessa della Dalian University of Technology, il cui team si chiama non a caso Care Everyone, ovvero prendersi cura di tutti -. Sappiamo usare la tecnologia e cerchiamo di metterla a disposizione della nostra società. Se migliora la vita di chi ci sta attorno, anche la nostra vita alla fine sarà migliore».

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