Da www.digital-sat.it

Giovedì 14 aprile alle ore 10.30 è stata convocata una nuova riunione del Comitato Nazionale Italia Digitale (CNID), a quasi un mese e mezzo di distanza dall'ultima seduta del 1° marzo scorso che si concluse con un nulla di fatto. All'ordine del giorno ci sarà ancora una volta il calendario degli switch off per l'anno in corso e per il 2012, termine ultimo di tutti i passaggi al digitale terrestre imposto dall'Europa.
Per rispettarlo ci sarebbe bisogno di un atto di forza, purché sia accettato da tutti. Se così non sarà c'è chi addirittura proporrebbee di ripristinare gli switch over, che dovevano essere aboliti per velocizzare l'intero processo e che invece adesso servirebbero per movimentare un po' la situazione e far progredire - seppur più lentamente - il graduale spegnimento dell'analogico.
Quali saranno le decisioni lo sapremo solo giovedì, ma quel che è certo è che il Ministro Romani proporrà nuovamente una bozza di calendario, che tenga conto anche della nuova norma approvata nel decreto omnibus che prevede l'anticipo dello switch-off di un semestre dal 31/12/2012 al 30/06/2012.
Intanto l'associazione FRT, tramite il suo bollettino settimanale, spiega le ragioni della protesta sull'asta dei canali 61-69 che verrebbero tolte alle tv locali, attuali assegnatarie. Ecco qui di seguito il testo integrale: il 30 settembre è il termine ultimo entro il quale il Governo, per far quadrare i conti della Finanziaria voluta dal Ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e approvata dall'esecutivo lo scorso anno, dovrà incassare i proventi della vendita delle frequenze agli operatori telefonici per i servizi in banda larga. Sulla cifra che il Governo ha stimato di incassare, 2,4 mld di euro, però non tutti sono d'accordo. I tecnici stessi della Commissione Bilancio del Senato dicono che è eccessiva, il Segretario dell'Agcom Roberto Viola, sostiene che si potrebbe arrivare fino a 2,9 mld.
I diretti interessati, Tv Locali che dovrebbero ricevere da parte dello Stato un indennizzo del 10% del ricavato della vendita delle frequenze alle compagnie telefoniche con un massimo di 240 milioni. Entrambi i soggetti, Tv Locali e compagnie telefoniche sono entrambi preoccupati, i primi temono di non recuperare neppure una minima parte di quanto sin qui investito e i secondi di pagare troppo un bene da utilizzare per un business che al momento non presenta certezze remunerative. Diverso sarebbe stato se le cessioni venissero regolate direttamente tra Tv Locali e Telefoniche. Ma in questa partita i contendenti sono tre e lo Stato pretende la fetta più grossa.
Intanto l'Italia è divisa in due: il nord (tranne la Liguria) e parte del centro sono migrate al digitale terrestre il resto è ancora fermo all'analogico. Nell'ultima seduta del CNID (il 1° marzo scorso) la proposta di anticipo degli switch-off fatta dal Ministro Paolo Romani, non ha trovato la condivisione dei rappresentanti delle Associazioni delle Tv Locali né quella dei delegati delle Regioni interessate alle operazioni di spegnimento. E i motivi sono evidenti a tutti: nella partita del digitale terrestre gli unici a rimetterci, almeno in questa fase, sono stati i soggetti più deboli, ovvero utenti consumatori e Tv Locali.
Per quanto riguarda le Tv Locali le criticità erano ben note sin dal 2008 anno d'inizio della digitalizzazione. In particolare, due criticità meritavano di essere trattate con attenzione: la sintonizzazione automatica dei canali (LCN) e le frequenze. La prima criticità (LCN) riguarda il maggior asset immateriale, delle Tv Locali ossia il posizionamento sul telecomando degli utenti e quindi sul mercato, conquistato dopo anni di attività. La seconda criticità (frequenze) attiene invece alla rete e quindi al maggior asset materiale di un'emittente televisiva. Le Istituzioni, che com'è noto sono chiamate a indirizzare e gestire i passaggi con un sistema di norme e regolamenti stando attenti a non crearesituazioni di immeritato vantaggio competitivo, potevano fare di più e meglio.
L'LCN è arrivato a fine 2010, con ben due anni di ritardo dall'inizio degli switch-off. I risultati per le Tv Locali operanti nelle aree digitalizzate sono stati disastrosi. L'equilibrio che il mercato aveva raggiunto in 35 anni di libera concorrenza è stato spazzato via in un attimo.
Per quanto riguarda le frequenze ad oggi non risultano essere ancora risolti i problemi interferenziali con i paesi confinanti e i canali che hanno problemi sono proprio (e solo) quelli assegnati alle Tv Locali. Il nuovo Piano Nazionale delle Frequenze redatto l'estate scorsa dall'Agcom ha sacrificato queste ultime a vantaggio delle Tv Nazionali soprattutto di quelle minori le quali, per poter garantire la copertura minima (che non avevano) dell'80% del territorio richiesta dalla legge, hanno incassato un ricco bottino in termini di frequenze. La Rai, con i famosi cerotti, completa il triste quadro utilizzando un numero esorbitante di frequenze sottratte al sistema delle Tv Locali.
Nel 2006 la Conferenza di Ginevra (GE06) indicò il possibile utilizzo della banda 800 Mhz (canali dal 61 al 69) per i servizi di telefonia mobile. Quindi già si sapeva tutto! E' non può essere un caso se proprio i canali da espropriare (61-69) sono state assegnati tutti alle Tv Locali.
Si tenga presente che per la digitalizzazione della rete un'emittente regionale ha investito mediamente 3 milioni di euro. Se l'Asta andrà come spera Tremonti, alle Tv Locali verranno corrisposti, a titolo di indennizzo, 240 mln di euro. Solo nelle aree digitalizzate le Tv Locali che utilizzano la Banda 800 MHz sono oltre 150 a cui andranno sommate tutte quelle che operano nelle aree da digitalizzare per un totale di 220-240 emittenti. Ecco le ragioni per le quali, se il Governo non ricoscerà il giusto indennizzo alle tv locali, queste si vedranno costrette a ricorrere al TAR, si genereranno una miriade di contenziosi che faranno scomparire ogni ipotesi di liberazione delle nove frequenze.
Le uniche possibilità per il Governo di incassare le somme stanziate in bilancio sono due: o si espropriano proporzionalmente le frequenze sia alle Reti nazionali che a quelle locali o si stanzia un indennizzo adeguato al fine di stimolare un certo numero di tv locali alla liberazione spontanea delle frequenze.

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